domenica 30 dicembre 2012

Simone Fazio


Nel Buio




V: Non ti piace parlare di te vero?
S: No, non mi apro facilmente.

V: Ok, cercherò di parlare solo dei tuoi lavori, ma sai benissimo che è una bugia. Partiamo da una tua caratteristica: il bianco e nero. Perché?
S: Perché per un certo periodo il colore era per me un elemento di disturbo.

V: I tuoi cuori in bianco e nero..il mio “fottuto” cuore nero...
S: In quell’opera c’è solo l’intenzione di fare emergere tutte le sensazioni negative e di rifiuto che troppo spesso tendiamo a sopprimere e ad affogare dentro noi stessi.
Il bianco e nero mi ha aiutato a rendere più intima questa dissolvenza dei corpi nell’oscurità liquida.


My Fucking Black Heart



VV: Sei o sei stato un dark?
S: No, ho solo adottato il nero nell’abbigliamento per comodità. Nel mio passato c’è stato il punk, centri sociali, molta musica industriale, ma non mi considero un dark. La mia generazione ha subito il grunge, qualunque cosa questo abbia significato.

V: Hai avuto dei maestri?
S: No, ho avuto solo influenze. Non credo che un artista possa davvero insegnare qualcosa: credo che possa affascinare, confrontare, spiegare, ma insegnare no.

V: Quanto è importante la comunicazione?
S: É un paradosso ma la comunicazione manca nell'era della comunicazione. E’ così. Nell'arte poi questo è ancora più amplificato. Gli artisti non vengono ascoltati, sono spesso fraintesi, nel bene e nel male. Un critico interpreta in modo errato il tuo lavoro, l’intero tuo lavoro, e sei fregato.

V: E la ricchezza?
S: La ricchezza per molti è un traguardo. Per me è solo un’utopia: il denaro è un ladro che s’impossessa della tua esistenza e ti soffoca nel desiderio.

Heartless - Burning 


V: Torniamo a cose serie: oltre a dipingere fai anche un lavoro molto impegnativo, come fai a far coincidere le due cose?
S: Sono un educatore, lavoro nella scuola con adolescenti con serie problematiche e vite molto difficili. Mi alzo alle 7 e vado a lavoro, tutti i giorni, quando rientro dipingo, non lo so come faccio è un'azione quotidiana ed un processo mentale. Io sono questo.

V: Quando crei?
S: Di pomeriggio, fino a sera… alle volte anche fino a tardi!

V: Parliamo di musica, visto che tu suoni la batteria in un gruppo, musica ed arte, altro bel binomio, altre passioni?
S: Cinema, fumetto, vino… e nelle passioni ci infilo dentro anche la frustrazione: la scintilla che mi porta sempre a reagire e a volere combinare “altro” per andare avanti!

V: Come vivi da artista in Italia?
S: Male, come tanti. La gente vuole stare bene (economicamente) e basta. Gli altri possono tutti morire. La crisi non è economica, la crisi è dell’anima!
Spesso l’arte è solo un’equazione finanziaria: è vincente colui che vende e fa “cassa”, colui che imbonisce critica e pubblico… tutto questo è incalzato da un certo modo che ha “il potere” di vedere la materia artistica, ma tutto questo con l’Arte non ha niente a che vedere! Ci sono decine e decine di artisti assolutamente non considerati dal “mondo che conta” che hanno molto più da dire rispetto alla proposta delle riviste specializzate.


Heartless - Efflorence



V: Beh stavo per chiederti la situazione italiana dell'arte, ma penso che tu mi abbia già ampiamente risposto, vuoi aggiungere qualcosa?
S: Mi sembra di aver detto quello che penso, per un giovane artista è difficile, poca importa se sei bravo oppure no, tutto è in mano ad un’elitè distratta e snob, che fa cerchio intorno alle proprie decisioni ed è refrattaria al nuovo. Non produce cultura, ma solo interessi finanziari.

V: Simone sei veramente incazzato lo sai?
S: La mia rabbia è costruttiva, sono cerebralmente pessimista e nervosamente ottimista (usando parole non mie).

V: Mi dici almeno gli artisti che hanno influenzato il tuo percorso?
S: Caravaggio, Bacon, Richter... i primi che mi vengono in mente.

V: Il futuro?
S: Spero di continuare a dipingere e a fare mostre.

V: La soddisfazione più grossa?
S: Il massimo per un artista è finire sul libro delle elementari, essere letti dai bambini.

Nel Buio 32

Nel Buio 35




Simone Fazio

Simone Fazio è nato a Modena nel 1980, vive e lavora a Castelfranco Emilia.
La sua ricerca si concentra sul corpo nei suoidiversi atteggiamenti ed espressioni, attraverso una pittura fortemente espressiva fondata sul dettaglio analitico di cui ha approfondito la conoscenza grazie agli studi universitari in Disegno Anatomico e Chirurgico presso la facoltà di Medicina e Chirurgia di Bologna. Ha esposto in numerose mostre sia collettive che personali. Oltre ad essere un pittore, Simone lavora come educatore  e suona la batteria in un gruppo rock Kill Jesus Kill.
Tra le personali si ricordano: In Carta,alla galleria Punto Arte di Modena; allo Spazio le Lune nel 2006; S.Margherita presso la Galleria Civica di Modena, alla Galleria Gestalt di Pietrasanta; “Heartless”allo spazio ideaMQventisei per il FestivalFilosofia del 2011. Tra le principali collettive si ricordano Graffiti, presso lo Spazio Fisico di Modena, XXL Giovani Artisti in grandi dimensioni, Arte & Sud Villa Fortuna di Acitrezza, Catania; Open Space al Centro Culturale Candiani di Mestre. Nel 2008 parrtecipa alla Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo presentata a Bari. Nel 2010 è selzionato per partecipare alla manifestazione di arte contemporanea Gemini:Muse.
Nel 2011 realizza la copertina del disco “A Better Man” della band italiana One Dimensional Man.


Ho conosciuto Simone e la sua arte qualche anno fa mentre si teneva in una galleria di Pietrasanta una sua personale. Ci siamo messi a chiaccherare ed è nata un'amicizia che continua ancora adesso. Ammiro la sua dedizione alla professione d'artista. Serio e consapevole delle gioie e dei dolori che questo mondo offre. Dovevo intervistarlo per una rivista con cui collaboravo e ci siamo incontrati un giorno piovoso a Firenze, a metà strada tra la sua Modena e la mia Pietrasanta. Durante tutta la giornata abbiamo parlato di tutto, scandagliando ogni problematica contemporanea, criticando e ridendo sulle disavventure che un giovane artista, spesso deve affrontare.

L'intervista di allora non fu mai pubblicata, ci siamo rivisti pochi giorni fa e non ho perso l'occasione per intervistarlo nuovamente. 
Il nero sembra essere per Simone Fazio una costante del suo lavoro, emblematica in questo senso è la serie “ Nel Buio” del 2007, dove indaga in maniera approfondita sull'oscurità.
I suoi studi universitari in Disegno Anatomico e Chirurgico presso la facoltà di Medicina e Chirurgia di Bologna accentuano l'analisi minuziosa e scientifica de corpo umano.
I suoi corpi galleggiano nell'assenza di luce, sono sospesi, fissati nel buio appunto.

«Quelle due bestie depravate erano il frutto di una immaginazione depravata, di uno spirito perverso che nessuna teoria sociale è in grado di spiegare. Il Male di cui sto parlando è qualcosa che ciascuno di noi si porta dentro»

Così scriveva Ian McEwan, nel suo romanzo Cani Neri.  ma come si spiega il male? Il dolore che ognuno di noi porta dentro? Non si può spiegare universalmente, ognuno di noi trova uno strategemma per renderlo manifesto, in molti lo nascondono per sempre, per altri esplode all'improvviso.
Simone ha trovato un personale linguaggio pittorico dove il buio, l'oscurità, l'assenza della luce  diventano il tramite per esprimere le nostre paure, la nostra irrequietezza, i nostri segreti. Il lato oscuro di ognuno di noi. Oltre ai corpi, si concentra sul cuore, nella serie Heartless Simone si trasforma in chirurgo e ci mostra cuori anatomicamente perfetti, a cui accosta elementi emblematici, il fuoco, le sirighe, fiori e muffe. Il cuore è per antomasia il luogo dei sentimenti irrazionali, la sede classica delle emozioni e dei dolori, così i suoi cuori martoriati diventano degli ex voto contemporanei, ma non c'è intenzione orrorifica o macabra ma semmai una compassione, nel suo senso più vero, una partecipazione un coinvolgimento poichè ognuno di noi può riconoscere una propria sofferenza.

Valeria Pardini

venerdì 28 dicembre 2012

Qui Roma. Scatti di Ivan Bianco


Ivan Bianco.

Metti una sera ...

Marcello Buffa (Palermo 1969)



Buffa cristallizzando in un unico volto, ci svela le molteplici trame di differenti identità che ha incontrato realmente o solo nelle sua immaginazione.
Procedendo con un meccanismo psicologico simile a quello dei sogni o dei ricordi infantili, dove realtà e immaginazione si fondono, Marcello Buffa sovrappone figure di amici e conoscenti ad immagini tratte dalle riviste o da internet, mescolandone i lineamenti, stravolgendone i tratti somatici, le loro storie si fondono in un unico racconto visivo, dando vita ad un'altra identità pittorica. Ibrida, aliena, primigenia.
In un' atmosfera sospesa gli ambigui volti di Marcello Buffa ci scrutano con i loro sguardi profondi e sembrano interrogarci, come desiderosi di sapere la loro genesi, il loro passato, la loro nuova realtà, ma ci insidiano anche un dubbio e ci fanno fermare a riflettere sui nostri destini.
Marcello vive e lavora a Pietrasanta.






Cesare Inzerillo (Palermo 1971)




Un'inconfondibile ironia sarcastica e un po'sadica, è senza dubbio la caratteristica del lavoro di Cesare.
I suoi personaggi, sono fissati nell'immobilità della morte che, sopraggiunta all'improvviso gli ha strappati alla vita. I suoi scheletri e mummie, realizzati con una tecnica minuziosa in cui niente è lasciato al caso ed incompiuto, sono vestiti ed atteggiati come quando erano in vita.
Il classico della storia dell'arte “ il memento mori” con Inzerillo subisce un ribaltamento semantico, le sue figure, corrose e deturpate invece che farci soffermare sulla caducità della vita ci strappano un sorriso, ironizzano e esorcizzano la paura ancestrale per antonomasia.
Le creature di Cesare Inzerillo sono una sorta di combinazione fra le mummie esposte nelle catacomba del convento dei Cappuccini di Palermo e l'eredità del teatro popolare dell'opera dei Pupi, e se quest'ultimi narravano al popolo le gesta eroiche dei paladini di Carlo Magno in guerra contro i Saraceni, le sculture di Inzerillo si prendono gioco delle dissolutezze e dei visi di alcuni personaggi troppo ambiziosi.
Cesare vive e lavora a Cinisi (PA)




Claudia Leporatti (Firenze 1973)





Le sculture di Claudia Leporatti sono inscindibili dal materiale stesso di cui sono costituite, l'argilla ed il colore. Il colore diventa la principale ricerca per le sue opere in terracotta; attraverso l'uso di svariate tecniche quali engobbi, smalti, applicazioni a freddo Claudia da vita ad un linguaggio in cui tradizione e novità possano convivere e generare nuove icone contemporanee.
A interessare particolarmente l'artista è la figura umana, più volte riproposta nei suoi lavori, ma il soggetto proposto è solo un pretesto, un' occasione, un punto di partenza per iniziare ad indagare nella profondità dell'animo umano e di tutte le sue infinite sfaccettature.
In ogni scultura di Claudia vive la profonda ricerca stilistica delle forme e l'armonia con cui la materia viene modellata, svelandone ogni volta un unico ed irripetibile momento.
Claudia vive e lavora a Firenze.



Sofia Rondelli (Pietrasanta 1991)






Una giovanissima artista che ha già maturato un sofisticato e personalissimo linguaggio pittorico.
Leggerezza, materie sottili e delicate, un supporto ricercato sono le caratteristiche del suo lavoro.
Le forme e le figure che popolano le sue tele si vestono di colori ovattati e soffici che ci trasportano in mondi lontani, quasi fiabeschi. Il supporto pittorico su cui nascono ed agiscono i personaggi di Sofia, nasce da una lunga ed elaborata opera di ricerca e meditazione.
Fogli antichi, pagine di quaderni o libri del passato, vecchi quotidiani, la superficie pittorica su cui l'artista agisce ha già in se una storia, una propria autonomia, un passato lontano a noi non ancora appartenuto; dietro un macchia di caffè, una piccola muffa causata dal tempo od un'impercettibile sbavatura d'inchiostro si celano racconti infiniti. Sofia interviene sfruttando tutte le caratteristiche della tecnica dell'acquerello e ci restituisce un'opera attuale, donando nuova vita a storie passate.
Sofia Rondelli, vive e lavora a Massa.

 
Presso: Il Posto, Piazza G. Carducci Pietrasanta. 


domenica 23 dicembre 2012

Cesare Inzerillo


Biancaneve ed i sei nani


Abbandonarsi alla vita, come fece Don Chisciotte lasciandosi guidare dal suo fidato e malandato cavallo, Ronzinante, non è una libertà per tutti.
“Prendere quel che viene”, come si usa dire è un lusso che si possono concedere solo i folli, i bambini ed gli artisti, che con la loro creatività si muovono liberi dai vincoli della quotidianità, dai doveri della logica, dalle costrizioni delle regole.
Svincolati dal reale, gli artisti hanno però il dovere di restituirci con le loro opere, nuovi luoghi sconosciuti da abitare, personaggi fantastici da conoscere, nuove emozioni da esplorare.
Solo di una cosa, non possono essere capaci: riportare in vita chi non c'è più.
Non potendo fare ciò Cesare Inzerillo, si è inventato una morte per i protagonisti delle sue opere. Un' inconfondibile ironia sarcastica e un po' sadica, caratterizza il suo lavoro, i suoi personaggi, sono fissati nell'immobilità della morte che, sopraggiunta all'improvviso ha strappato loro alla vita. I suoi scheletri e mummie, realizzati con una tecnica minuziosa in cui niente è lasciato al caso ed incompiuto, sono vestiti ed atteggiati come quando erano in vita.
Il classico della storia dell'arte “ il memento mori” con Inzerillo subisce un ribaltamento semantico, le sue figure, corrose e deturpate invece che farci soffermare sulla caducità della vita ci strappano un sorriso, ironizzano e esorcizzano la paura ancestrale per antonomasia.
Le creature di Cesare Inzerillo sono una sorta di combinazione fra le mummie dei monaci Cappuccini esposte nelle catacomba del convento dei Cappuccini di Palermo e l'eredità del teatro popolare dell'opera dei Pupi, e se quest'ultimi narravano al popolo le gesta eroiche dei paladini di Carlo Magno in guerra contro i Saraceni,le sculture di Inzerillo si prendono gioco delle dissolutezze e dei vizi di alcuni personaggi troppo ambiziosi.





Il Barone Rosso 
Ultimo Tango a Palermo


I gemelli sei mesi 
Duro a morire


Catalogo, mostra La classe morta
Carn'era




Cesare Inzerillo

Cesare Inzerillo nasce a Palermo nel 1971. Diplomato all'Accademia delle Belle Arti, diventa scenografo di teatro e di cinema per Daniele Ciprì e Franco Maresco, dando inizio a un importante sodalizio artistico. Collabora alla scenografia di diversi film, tra i quali «Il ritorno di Cagliostro» (2003) e «Nuovomondo» (2006). Nel 2010 realizza a Salemi il Museo della Mafia, che sarà ricostruito dall’artista alla Biennale 2011 d’Arte di Venezia, insieme all’inedito Museo della Follia, rispettivamente al Padiglione Italia dell’Arsenale e a Palazzo Moro Marcello.


Del Museo della Follia inaugurato il 18 agosto di quest'anno parlerò in seguito, come dell'artista Marilena Manzella.

Ancora due parole quando ho conosciuto Cesare, fin da subito mi è sembrata una persona eccezionale, disponibile per niente altezzoso. La sua arte è forte ed a volte pure inquietante mentre lui è una persona mite e solare.

Quando ho chiesto a lui di fare la mostra a Volterra, ha accetato fin da subito con entusiasmo e ricordo di un aperitivo a Cinisi con lui, Marcello Buffa e Marilena Manzella, a decidere le opere da esporre, e così fra un bicchiere di vino e due chiacchere, Cesare si alza e torna con una sua scultura che posiziona sul tavolino del bar come se niente fosse. É stato un gesto semplice per lui, ma vi assicuro per niente scontato per me. Così abbiamo finito il nostro aperitivo in compagnia di una mummia di Cesare, e per la precisione l'opera era Carn'era.

Grazie Cesare, davvero.

Qui Roma. Scatti di Ivan Bianco.






Alcuni istanti di Roma scattati oggi da Ivan Bianco, caro amico e grande fotografo.


Qui Roma

venerdì 21 dicembre 2012

Sofia Rondelli

Ieri ho avuto il piacere di conoscere questa giovanissima artista dagli occhi grandi e vivacissimi. In attesa di una sua intervista in cui mi farà entrare nel suo fantastico mondo popolato da figure misteriose e fiabesche, pubblico qualche cenno e qualche immagine di suoi lavori. 

Amore e Solitudine

Una giovanissima artista che ha già maturato un sofisticato e personale linguaggio pittorico.
Leggerezza, materie sottili e delicate, un supporto ricercato sono le caratteristiche del suo lavoro.
Le forme e le figure che popolano le sue tele si vestono di colori ovattati e soffici che ci trasportano in mondi lontani, quasi fiabeschi. Il supporto pittorico su cui nascono ed agiscono i personaggi di Sofia, nasce da una lunga ed elaborata opera di ricerca e meditazione.
Fogli antichi, pagine di quaderni o libri del passato, vecchi quotidiani, la superficie pittorica su cui l'artista agisce ha già in se una storia, una propria autonomia, un passato lontano a noi che ancora non ci appartiene; dietro un macchia di caffè, una piccola muffa causata dal tempo od un'impercettibile sbavatura d'inchiostro si celano racconti
infiniti. Sofia interviene sfruttando tutte le caratteristiche della tecnica dell'acquerello e ci restituisce un'opera attuale, donando nuova vita a storie passate.
Sofia vive e lavora a Massa.



Ho visto uno zingaro pregare
Idiota